UN AUTOREVOLE COMMENTO ALLA SENTENZA FOODORA
Sono oltre 700mila i lavoratori della gig economy in Italia. Per l'economia dei lavoretti, di
cui la multinazionale Foodora è stata protagonista, anche se il suo
ramo italiano è in liquidazione, arriva dalla Corte d’Appello di Torino una
sentenza storica.
A tal proposito, il giuslavorista Ciro Cafiero (in foto a lato) ci spiega che, a fronte del ricorso dei riders di Foodora di Torino, il Tribunale ha
riconosciuto l’applicazione delle tutele della subordinazione, in particolare,
il diritto alla retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale della
logistica. Tuttavia, a questi lavoratori non è stata riconosciuta la
conversione del rapporto di lavoro in un rapporto di natura subordinata, o
meglio,
sono state applicate loro le tutele tipiche della subordinazione, ma questi
lavoratori non sono stati qualificati pienamente come subordinati.
Questo può essere un punto
critico o un punto di vantaggio, a seconda di come la sentenza viene letta e interpretata.
Al momento, avendo solo il dispositivo e non la motivazione, non è possibile
andare al cuore delle ragioni dei giudici, ma si tratta certamente di
un’applicazione peculiare dell’articolo 2 del decreto legislativo 81 de 2015,
il cosiddetto Job act: il giudice ha colto
l’etero organizzazione di cui parla l’articolo 2 del decreto legislativo 81 del
2015, cioè applicando le tutele relative alla subordinazione, ha visto che
questi lavoratori erano tenuti a rispondere alle commesse, dovendo evaderle
rispetto a tempi e luoghi che non sceglievano in maniera così autonoma e rispetto
anche a meccanismi di rating che sono nient’altro che esplicazioni del potere
disciplinare del datore di lavoro, anche se esercitati attraverso algoritmi. Ma
pur vedendo l'etero direzione, il giudice non ha riconosciuto la natura
subordinata ab origine del rapporto di lavoro, come in
teoria avrebbe dovuto.